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Venga il tuo Regno, misericordioso e universale

19 Febbraio 2014 , Scritto da DimorareinDio Con tag #Preghiera

di Bruno Maggioni
 
Per comprendere la seconda domanda del Padre Nostro (“Venga il tuo Regno”) bisogna anzitutto ricordare che il Regno di Dio è già presente nella nostra storia, ma in modo incompiuto, come un seme. Il discepolo di Gesù prega perché Dio ne affretti il compimento. “Vieni, Signore Gesù”, era l’invocazione pressante, quasi impaziente, dei primi cristiani. Ma cosa significa “Regno di Dio”?
 Per rispondere occorre riferirsi a tutta la predicazione di Gesù e a tutta la sua vita. L’evangelista Marco introduce la missione pubblica di Gesù con una frase: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo”. In questa affermazione sintetica e certamente missionaria, Vangelo e Regno sembrano sovrapporsi. Dio è qui e agisce, ecco la lieta notizia del Regno, dalla quale scaturisce un duplice stupore: che Dio ami l’uomo fino a quel punto, che l’uomo conti fino a quel punto. La lieta notizia del Regno svela contemporaneamente il volto di Dio e dell’uomo, è al tempo stesso teologica e antropologica.
 Se poi la si legge alla luce dell’intero Vangelo e della prassi di Gesù, si comprende non solo che Dio è fra noi, ma che la sua presenza è carica di novità. Gesù, parlando del Regno, non manca mai di sottolineare una novità che esige dall’ascoltatore un modo nuovo di considerare le cose, a cominciare dalla stessa azione di Dio. Capire questa novità, e restarne affascinati, è importante, perché il cristiano non è chiamato ad annunciare un Regno come lui lo immagina, ma come Gesù lo ha veramente annunciato. Nuovi, ad esempio, sono i tratti della misericordia e dell’universalità. Per mostrare il Regno di Dio, infatti, Gesù ha accolto, servito, perdonato. La sua prassi missionaria, che egli stesso ha indicato come specchio dell’amore di Dio, è sempre caratterizzata dall’accoglienza degli esclusi, a cominciare dai peccatori.
 
Come Dio lo guarda
Nella misericordia di Gesù è racchiuso anche il tratto dell’universalità. Essa supera ogni differenza fra gli uomini, travolge ogni barriera emarginante. Gesù vede l’uomo semplicemente nel suo rapporto con Dio; meglio, nel rapporto che Dio ha con lui. È la nota sorprendente del Regno, che deve qualificare ogni atteggiamento cristiano. Gesù vede l’uomo come Dio guarda quell’uomo, scendendo nella sua profondità, cogliendovi la dignità che appartiene a ciascuno. Così le altre cose scompaiono: razza, cultura, persino la condizione di giusto o peccatore.
 La società del tempo di Gesù, civile e religiosa, si è ribellata a quello sguardo, perché la società ha sempre bisogno di catalogare gli uomini, dividendoli e separandoli. Ma se si osserva l’uomo come sta davanti a Dio, allora non si ha più motivo per accettare differenze, gerarchie e privilegi. E si diventa universali. Questo sguardo è il Regno di Dio.
 Certo, giustizia e peccato, verità e menzogna non sono la stessa cosa. Se un uomo è nel peccato bisogna dirgli che è peccatore, se è nell’errore bisogna dirgli che sbaglia. Ma ciò non deve intaccare la solidarietà nei suoi confronti, l’accoglienza, il perdono, il coraggio di annunciargli il Regno. Aiutare l’uomo a sentirsi accolto da Dio, a scoprire il volto sorprendente del Dio di Gesù Cristo, è pregare “Venga il tuo Regno”. E così si comprende perché Gesù – volendo elencare i segni dell’appartenenza al Regno – vi abbia incluso l’“Ero straniero e mi avete ospitato”. Straniero: uomo diverso e distante per razza, cultura, costumi, religione. Proprio in quest’uomo il Signore Gesù si identifica. Il Regno di Dio è così: la seconda domanda del Padre Nostro – “Venga il tuo Regno” – ci appare davvero impegnativa.
 
(da Italia Caritas, Mensile della Caritas Italiana, Aprile 2011, p. 6)
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