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Gesù, Maestro della nostra preghiera

25 Maggio 2012 , Scritto da Citocromo Con tag #Preghiera

«Dopo due anni di vita comune con il Maestro della preghiera, i migliori tra gli apostoli non hanno saputo vegliare un’ora con lui. Poiché lo spirito è pronto, ma la carne è debole. [...]
Le vostre pesantezze e impotenze al momento di pregare vi portano talvolta a chiedervi se non vi sia qualche metodo misterioso che vi indicherebbe finalmente la via da seguire. Non credo che tale metodo esista, e comunque, non potrebbe essere diverso da ciò che il Signore ci ha detto nel vangelo.
Gesù resterà sempre il Maestro supremo della preghiera, non solo perché ne ha parlato con conoscenza di causa, ma per l’esempio della sua vita, perché ha pregato meglio di qualsiasi altro! Gesù ha vissuto la preghiera perfetta, e in una vita particolarmente disturbata e talvolta schiacciante. Ma soprattutto egli resta il Maestro della vostra preghiera perché lui solo, gratuitamente per amore, può mettervi nell’intelligenza, nella memoria e nel cuore il vero spirito di preghiera. Nessuno saprà pregare finché Gesù stesso non glielo avrà insegnato di dentro. Ogni volta che Gesù volle condurre alcuni dei suoi apostoli a pregare con lui, il vangelo nota che, benché scelti, si addormentarono. Al Tabor, mentre il loro Maestro parla con Mosè ed Elia della sua prossima morte, «Pietro ed i suoi compagni erano oppressi dal sonno». Al Getsemani, «egli ritorna dai suoi discepoli e li trova addormentati», e dice a Pietro: «Simone, dormi? non hai potuto vegliare un’ora?» e tornato un’altra volta li trovò addormentati poiché «i loro occhi erano stanchi, e non sapevano cosa rispondergli». Gesù non si è né scoraggiato, né impazientito. Perché ci scoraggeremmo noi? [...]
Non bisognerà tuttavia concludere che voi non abbiate altro da fare che da attendere la visita dello Spirito di Gesù. Bisogna andargli incontro e «sforzarsi lungo la via stretta». Bisogna «sforzarsi» alla preghiera e insieme attendere il Signore per pregare veramente. In tutto ciò non vi è contraddizione. Salvo quando il Signore viene a fare tutto da solo, bisogna saper tener conto di queste due realtà: la speranza umile e sempre rinnovata della sua visita e la nostra attesa nello sforzo. [...]
Dobbiamo credere fermamente che la verità della preghiera, la via dell’unione a Dio è al di là dei sentimenti, delle parole, delle idee. Si minimizza troppo la realtà della preghiera, non se ne ha un’idea abbastanza elevata. Non si crede abbastanza che Dio può venire veramente in noi per fare la nostra preghiera; oppure, se ci si crede, si ha tendenza a riservarne la riuscita a un piccolo numero di separati, a coloro a cui il chiostro procura una cornice di silenzio favorevole alla meditazione. [...]
Ma, a forza di coraggio perseverante, con atti di fede e di amore semplici e nudi potrete mettervi là, davanti a Dio, e attenderlo aprendogli il fondo del vostro essere come è. Attesa della sua venuta nel desiderio, ma soprattutto in un sentimento d’impotenza, di miseria, di viltà. Il risultato sarà spesso una preghiera dolorosa, pesante, in apparenza poco spirituale; ma attraverso questo sforzo di fede, nell’atteggiamento coraggioso del corpo si tradurrà la sete e l’attesa di Dio che, nondimeno, è nell’intimo nostro. La volontà vuole pregare; almeno essa desidera e chiede la preghiera. Certi giorni voi avrete solo questa povera cosa da offrire al Signore ed è a lui che competerà il farne una vera preghiera e un mezzo di unione con lui.»

(da René Voillaume, COME LORO, NEL CUORE DELLE MASSE. Vita e spiritualità dei Piccoli Fratelli di Gesù, San Paolo Edizioni, Torino, 1999)

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